La regione del Sahel: Le relazioni tra Africa e Francia e l'operazione Barkhane in primo piano
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Author
Pellegrini, Pierre Emmanuel <1997>
Date
2024-03-20Data available
2024-03-28Abstract
Il Sahel è passato dall'essere un'area marginale dell'Africa al diventare il luogo di concentrazione delle minacce per la sicurezza internazionale; vari attori ci proiettano i propri progetti: spazio della guerra al terrorismo per gli Stati Uniti, “Limes” dell'Europa per Bruxelles, “Pré carré” per la Francia, califfato islamico per le insorgenze jihadiste, entità per catturare risorse per le élite locali. La situazione del Sahel oggi risulta dall'impossibilità di trovare un equilibrio tra questi progetti e dal binomio terrorismo-controterrorismo applicato ad una disfunzionalità dovuta a cause profonde.
In questo contesto, l’operazione francese Barkhane si riallaccia all'esperienza della conquista coloniale. L'eredità di Lyautey perdura nell’approccio globale della gestione di crisi (COIN), nella volontà di conquistare “i cuori e le menti”, nella dottrina della “macchia d'olio” e nel sistema di stabilizzazione.
Ma come può funzionare questa dottrina mentre gli interventi di contro insurrezione si svolgono in paesi ospitanti sovrani, all'interno di una cornice multinazionale e sotto gli occhi dell'opinione pubblica?
Questa crisi ha rivelato l’obsolescenza degli strumenti tradizionali degli attori internazionali. Dietro Barkhane, il subentro delle forze locali non è mai arrivato e gli stati non sono stati capaci di garantire amministrazione, giustizia e sviluppo. Lo strumento militare che doveva servire a ridurre la minaccia ha solo rinviato l’avanzata di gruppi terroristici e i colpi di stato.
Questo deterioramento, l’umiliazione di doversi appellare all’ex potenza coloniale, le dichiarazioni intempestive e l'ostinazione di Parigi nell'evitare il dialogo con i gruppi armati hanno alimentato un forte risentimento contro la Francia, lasciando la porta aperta a nuovi attori nel Sahel.
L’annuncio del ritiro francese, il 17 febbraio 2022, da parte di Emmanuel Macron, è la fine di un ciclo, la morte di un’utopia politica, diplomatica e militare. The Sahel has gone from being a marginal area of Africa to becoming the place of concentration of threats to international security; various actors project their own projects there: space of the war on terror for the United States, 'Limes' of Europe for Brussels, 'Pré carré' for France, Islamic caliphate for the jihadist insurgencies, entities to capture resources for local elites. The situation in the Sahel today is the result of the impossibility of finding a balance between these projects and the binomial terrorism-counterterrorism applied to a dysfunctionality due to profound causes.
In this context, the French Barkhane operation recalls the experience of colonial conquest. Lyautey's legacy persists in the global approach to crisis management (COIN), the will to conquer 'hearts and minds', the 'oil slick' doctrine and the stabilisation system.
But how can this doctrine work while counter-insurgency interventions take place in sovereign host countries, within a multinational framework and in the public eye?
This crisis revealed the outdatedness of the traditional instruments of international actors. Behind Barkhane, the takeover of local forces never came and states were unable to guarantee administration, justice and development. The military instrument that was supposed to reduce the threat has only postponed the advance of terrorist groups and military coups.
This deterioration, the humiliation of having to appeal to the former colonial power, intemperate declarations and Paris's obstinacy in avoiding dialogue with armed groups have fuelled strong resentment against France, leaving the door open to new actors in the Sahel.
Emmanuel Macron's announcement of French withdrawal on February 17th 2022 is the end of a cycle, the death of a political, diplomatic and military utopia.
Type
info:eu-repo/semantics/masterThesisCollections
- Laurea Magistrale [4734]