"Sfruttamento dei fondali marini al di là della giurisdizione nazionale: esigenze di protezione ambientale e tentativi di regolamentazione".
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Author
Riggio, Alessandro <1998>
Date
2022-12-05Data available
2022-12-08Abstract
Nel contesto della crisi ambientale ed energetica in atto, è previsto un forte incremento della domanda di metalli e terre rare per il prossimo futuro. L’estrazione mineraria nei fondali marini al di là della giurisdizione nazionale (la cosiddetta “Area”), attraverso sofisticati macchinari in grado di raggiungere profondità di migliaia di metri sotto il livello del mare, potrebbe rappresentare una delle soluzioni. Tuttavia, la scarsa conoscenza dell’impatto ambientale provocato da tali attività frena questo settore industriale emergente. Il sistema normativo ed istituzionale generato dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare ha introdotto elementi fortemente innovativi nel diritto internazionale pubblico, tra i quali spicca il principio di patrimonio comune dell’umanità. In base ad esso, l’Area non è soggetta all’esercizio di sovranità o giurisdizione da parte di alcuno Stato e tutte le attività nell’Area sono volte al soddisfacimento degli interessi dell’umanità nel suo complesso. Allo stesso tempo, un’attuazione non ottimale delle disposizioni convenzionali, unita alle criticità presenti nel funzionamento dell’Autorità Internazionale per i Fondali Marini, rischiano di impedire il corretto funzionamento del sistema, ma soprattutto di non fornire un adeguato livello di tutela dell’ambiente dai possibili effetti pregiudizievoli strettamente connessi alle interferenze antropiche negli inviolati ecosistemi dell’oceano profondo. Pertanto, l’elaborazione del Regolamento sullo sfruttamento, attualmente in corso, rappresenta un banco di prova per l’Autorità, la quale deve interfacciarsi, da un lato, con la forte opposizione al deep sea mining sostenuta dalle ONG ambientaliste e dalla comunità scientifica e, dall’altro lato, con la prospettiva di un possibile inizio dell’estrazione in assenza di regole ambientali precise a partire da luglio 2023. Against the backdrop of the ongoing environmental and energetic crisis, the demand for metals and rare earths is expected to rise sharply soon. Mining on the seabed beyond national jurisdiction (the so-called “Area”), through sophisticated machinery capable of reaching depths of thousands of meters below sea level, might be a solution. However, the lack of knowledge of the environmental impacts caused by such activities hinders this industry from emerging. The system of rules and institutions generated by the United Nations Convention on the Law of the Sea (and still being crafted to date) introduced highly innovative elements in the framework of public international law, where the principle of the common heritage of mankind stands out. According to it, the Area is not subject to the exercise of sovereignty or jurisdiction by any State and all the activities in the Area should benefit mankind as a whole. At the same time, a sub-optimal implementation of the provisions of the Convention, coupled with some criticalities in the functioning of the International Seabed Authority, may impede the proper functioning of the system, and above all else may not guarantee an adequate level of protection of the environment from the possible detrimental effects of anthropogenic intrusion into the untouched ecosystems of the deep ocean. Therefore, the current drafting of the Exploitation Regulations is a benchmark for the Authority, which must face both the opposition of environmentalist NGOs and part of the scientific community and the prospect of a possible start of mining in the absence of precise environmental rules in July 2023.
Type
info:eu-repo/semantics/masterThesisCollections
- Laurea Magistrale [4822]