Valutazione della firma interferonica sierica periferica come indicatore precoce di infezione virale nei neonati e lattanti febbrili di età pari o inferiore a 90 giorni di vita.
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Author
Fueri, Elena <1993>
Date
2024-11-12Data available
2024-11-21Abstract
Introduzione:i lattanti febbrili ≤ 90 giorni presentano un alto rischio di infezioni batteriche severe e spesso richiedono antibiotici empirici e ricovero. Sebbene i virus siano la causa più comune di febbre nei bambini, discriminare precocemente tra infezioni virali e batteriche rimane ancora una sfida. Recentemente è stato sviluppato un test in grado di determinare l'attivazione della risposta infiammatoria dell'ospite misurando la concentrazione di mRNA codificati da geni stimolati dall'IFN di tipo I ("firma interferonica"), il quale ha dimostrato di discriminare tra infezioni batteriche e virali.
Obiettivi:valutare la capacità della firma inteferonica di distinguere precocemente infezioni batteriche da virali in lattanti febbrili ≤ 90 giorni.
Metodi: Studio prospettico, monocentrico. Arruolati 47 neonati febbrili ≤ 90 giorni giunti al Pronto Soccorso. In tutti sono stati analizzati emocromo, PCR o PCT e firma interferonica; quest’ultima valutata analizzando l'espressione di sei geni (IFN score). In base alle indagini di routine, i pazienti sono stati suddivisi in: infezione batterica (IB, n=8) e infezione non batterica (non-IB, n=39). Sono stati inclusi 3 controlli sani (CS).
Risultati:l’IFN score è risultato significativamente elevato nel gruppo non-IB rispetto a entrambi i gruppi IB (p < 0,001) e CS (p = 0,008), anche entro le 12 ore dall'insorgenza della febbre. Nell'analisi di regressione logistica, l'IFN ha mostrato la migliore area sotto la curva (AUC) per la previsione di IB. La combinazione dell'IFN con PCR o PCT ha prodotto i modelli predittivi più solidi (AUC = 0,99 e 0,98, rispettivamente).
Conclusioni: l’IFN score si è rivelato un predittore affidabile di IB rispetto a non-IB nei lattanti ≤ 90 giorni. I nostri risultati suggeriscono che l'utilizzo di questo biomarcatore, in combinazione con quelli tradizionali, potrebbe migliorare significativamente la gestione dei neonati febbrili riducendo l'uso inappropriato di antibiotici e i ricoveri ospedalieri Background:Febrile infants ≤ 90 days are at high risk of severe bacterial infections, often necessitating empiric antibiotics and hospitalization. While viruses are the most common cause of fever in children, early differentiation between viral and bacterial etiologies remains challenging due to the limited specificity of current assessments. Recently, a blood test has been developed that determine the activation of the host inflammatory response by measuring the concentration of messenger RNAs encoded by type I IFN-stimulated genes, the “IFN signature”, and this has shown to discriminate between bacterial and viral infections.
Objectives:evaluate the ability of IFN signature to early distinguish bacterial from viral infection in febrile infants ≤ 90 days.
Methods: prospective, single-center study. 47 febrile infants ≤ 90 days presenting at Gaslini Emergency Department were enrolled. All patients underwent complete blood count, PCR or PCT, and blood sample collection for IFN signature. The IFN signature was assessed by analyzing the expression of six genes (IFN score).Based on routine investigations, patients were divided into two groups: bacterial infection (BI, n=8) and non-bacterial infection (non-BI, n=39).3 healthy controls (HC) were included.
Results:IFN score resulted significantly elevated in non-BI group compared to both the BI (p < 0.001) and HC (p =0.008) groups, even within 12 hours of fever onset.In logistic regression analysis, IFN demonstrated the highest area under the curve (AUC) for predicting BI. Combining IFN with either CRP or PCT yielded the most robust predictive models (AUC = 0.99 and 0.98, respectively).
Conclusion:The IFN score was a reliable predictor of BI versus non-BI in infant aged ≤ 90 days. Our findings suggest that the use of this new biomarker, in combination with traditional markers, could significantly improve the management of febrile infants reducing unnecessary antibiotic use, hospitalizations,and improving patient outcomes.