Ecclesia Orans, Ecclesia Ministrans. L'edifico-chiesa come segno della comunità tra Logos ed Ethos ovvero pensare la chiesa contemporanea attraverso il pensiero antinomico di Romano Guardini
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Author
Campanella, Andrea
Supervisor
Rava, Giovanni PaoloAssistant supervisor
Pizzigoni, VittorioDate
2019-07Data available
2019-08-06Abstract
La tesi per la complessità dell’oggetto che si propone di indagare e raccontare, ovvero sia la chiesa-edificio, ha richiesto un approfondimento che fosse condotto su svariate fonti, bibliografiche e iconografiche.
Il primo passo è stato quello di approcciare i documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-65), evento che ha segnato profondamente la Chiesa contemporanea e inevitabile punto di partenza per riflettere sull’edificio in cui essa si identifica.
Gli esiti del Concilio, espressi nelle sue Costituzioni e nei documenti che da esse han preso forma, hanno messo a fuoco alcuni punti fondativi utili per interpretare il senso dell’edificio-chiesa. Questi non sono mere indicazioni tecniche o prescrittive; risulta infatti evidente la notevole libertà d’azione di progettisti ed artisti pur impegnati in un’opera di notevole complessità non solamente concettuale ma anche tecnica. Tale azione necessita a maggior ragione di essere guidato da una solida consapevolezza del senso profondo di questo luogo così particolare.
Due punti in particolari risultano a mio parere fondamentali da essere presi in esame:
• Dall’analisi della Sacrosanctum Concilium si desume l’esigenza di una piena, consapevole e attiva partecipazione dei fedeli alla liturgia, culmine dell’azione della Chiesa.
• In riferimento a quanto contenuto nella Lumen Gentium si può riflettere sulla definizione del concetto di “Popolo di Dio”, universale non individuale, aperto all’umanità.
Altre formulazioni dedotte dai documenti (ad esempio il messale romano) risultano degne di interesse e possono essere condensate nelle proposizioni seguenti:
• L’architettura della chiesa è “generata” e “plasmata” dall’assemblea celebrante.
• L’architettura della chiesa è una realtà mutevole nella storia (salvo per alcuni elementi specifici) .
• L’architettura della chiesa è “simbolo” del rapporto di comunione tra Dio e la comunità vivente.
• L’architettura della chiesa può essere strumento di comunione oltre che di preghiera e celebrazione.
Varie indicazioni riguardo alla progettazione delle chiese vengono forniti dai documenti, ma si limitano a pochi accorgimenti, soprattutto di carattere generico o circoscritti ai poli liturgici significativi.
Possiamo far emergere in particolare i seguenti punti:
• La centralità dell’altare in senso sacramentale e dinamico.
• Cura dei “luoghi” liturgici in particolare in relazione al loro “significato simbolico”.
• Generali accorgimenti per favorire la formazione di un’assemblea unitaria.
• Generali accorgimenti per creare un’atmosfera nobile, accogliente e festosa.
A fronte di queste premesse ho sentito la necessità di un approccio volto ad indagare queste tematiche a partire dalle “origini” dell’elaborazione teorica sulla chiesa e dalle conseguenti ricadute sull’architettura costruita nel periodo che ha preceduto il Concilio e che sarebbero poi confluite in esso.
E’ a questo punto che la ricerca condotta sulle fonti mi ha portato a esplorare alcuni aspetti del pensiero di Romano Guardini (Verona 1885-Monaco di Baviera 1968), presbitero, teologo, filosofo, di origine italiana naturalizzato tedesco, importante per il suo contributo al Movimento Liturgico e “precursore” di alcune idee portate dal Concilio.
All’interno della vasta e variegata produzione letteraria non troviamo esplicite idee relative al fare architettura, tuttavia molti aspetti del suo pensiero, insieme alle esperienze del suo vissuto, possono risultare di utile ispirazione ancora oggi.
Il cardine filosofico che ci fornisce un irrinunciabile approccio metodologico e interpretativo è:
• la dottrina dell’opposizione polare, pensiero antinomico, dialogante, il quale si fonda sull’assunto per cui la verità è polifonica, e la realtà delle cose concrete si fonda sulla tensione feconda tra opposti che vivono in una relazione di distinzione e inprenscindibile unità. Risulta preziosa anche per la disciplina architettonica (e massimamente nell’edificazione della chiesa) che più di molte arti è chiamata a dare unità a istanze polarizzate.
• la partecipazione attiva dei fedeli alla liturgia; messa in atto nella pratica dell’azione e nella concretezza dello spazio
• la riscoperta e la piena definizione della liturgia come preghiera oggettiva, comunitaria, “stilizzata”, inserita in una concezione “artistica” integrale, che come un gioco trova il suo valore e senso al di la di uno “scopo” funzionale .
• una ecclesiologia che invoca una riconciliazione tra comunità e personalità, tra l’uomo moderno e i “Santi Misteri” e stabilisce il rapporto fecondo tra Logos ed Ethos.
A fronte di quanto emerso da questa complessa e articolata disamina ho ritenuto di approfondire ulteriormente la ricerca analizzando alcuni casi reperibili nell’iconografia e nei progetti vicini al pensiero di Guardini.
Questo non tanto per condurre ulteriori speculazioni su questo complesso personaggio, quanto piuttosto per analizzare le ricadute che il suo modo di pensare potrebbe avere determinato nell’architettura costruita. E in definitiva per aquisire “esempi virtuosi” da cui trarre strumenti per il presente.
Di particolare interesse, in tal senso, si è rivelato esplorare le figure degli architetti tedeschi Rudolf Schwarz (1897-1961) e Emil Steffann (1899-1968).
Seppur in modo diversificato i due mettono in gioco alcuni concetti significativi tra cui:
• Il principio fondante che genera lo spazio della chiesa è precipuamente la comunità orante che attua la liturgia.
• un simbolismo nobile ed essenziale, direttamente ed “artisticamente” esperibile, materico nella concretezza della costruzione, caratterizzato dalla rinuncia all’allegoria e al personalismo .
Potremmo aggiungere che: se Schwarz manifesta una spiccata sensibilità per un approccio artistico contemplativo, Steffann rielabora in molti casi l’archetipo originario della casa-chiesa inglobando sapientemente spazi “laici” a servizio della comunità.
Alla fine di questo studio sono emerse alcune considerazioni e alcuni punti irrinunciabili nella realizzazione di un nuovo progetto riguardante la costruzione di una chiesa:
• Attenzioni alle polarità nella chiesa:
Comunità-Chiesa-oggettività – Individuo-persona-soggettività
Preghiera liturgica – preghiera individuale
Lo spazio della chiesa si forma dalla tensione tra spazio collettivo (unitario, avvolgente, aperto, luminoso, voluminoso, festoso) e spazi personali (intimi, raccolti, contemplativi, isolati, di silenzio). Questa tensione si risolve precipuamente nella dimensione temporale (tempi diversi per diversa fruizione dello spazio) ma può essere arricchita da accorgimenti spaziali.
Comunità orante – Comunità in servizio
Liturgia – Diaconia
Lo spazio della chiesa si forma dalla tensione tra spazi celebrativi (azione litugica) e spazi di servizio (azione reale). Anche questa tensione viene risolta nel tempo, soprattutto nella chiesa “storica”, ma è altresì riscontrabile come spazi distinti formino l’unità dell’edificio chiesa.
• Attenzioni agli aspetti artistici in senso generale:
Rinuncia al simbolismo allegorico, sforzo per un’autentica immediatezza del segno e rinuncia all’autoreferenzialità.
Type
ThesisCollections
- Architettura [1197]