Gli anni sessanta e i primi anni settanta in Alto-Adige tra terrorismo diplomazia e autonomia

Abstract

The thesis analyzes the events of South Tyrol/Alto Adige during the 1960s and the early 1970s, a period marked by ethnolinguistic terrorism, diplomatic crises, and the gradual path toward autonomy. The first chapter reconstructs the origins and development of the Befreiungsausschuss Südtirol (BAS), it’s ties with political supporters and with North Tyrol, highlighting how the first violent actions brought the South Tyrolean issue to the forefront. The second chapter examines the season of attacks: from the early actions and the demonstration at Castel Firmiano, to the “Night of Fire” in 1961 and the militarization of the territory, as well as the debates at the UN, the Commission of 19, and the attempts at diplomatic solutions such as the Saragat-Kreisky package. The chapter emphasizes the radicalization of the conflict and the intertwining of violence and diplomacy, which profoundly affected the relations between Rome, Vienna, and the local community. The third chapter explores the gradual resolution of the crisis through political and diplomatic mediation. Key episodes such as the Malga Sasso massacre, Aldo Moro’s commitment, and the Innsbruck agreements of 1967 proved decisive in the path toward the 1972 Statute, a turning point that established autonomy and laid the foundation for a new model of coexistence. This research does not aim to justify violence, but to understand its roots and the collective pain it produced. It seeks to give a voice to those too often reduced to statistics, reminding us that History is not only made of major events but also of the silent wounds of forgotten communities. To speak of South Tyrol in those years means confronting the dark side of the Italian state and recognizing that identity cannot be imposed from above. Behind every right gained there was a very high price: preserving this memory is a civic duty that belongs to the present.

La tesi analizza la vicenda dell’Alto Adige/Südtirol negli anni Sessanta e nei primi anni Settanta, un periodo segnato dal terrorismo di matrice etnico-linguistica, da crisi diplomatiche e dal progressivo cammino verso l’autonomia. Il primo capitolo ricostruisce l’origine e lo sviluppo del Befreiungsausschuss Südtirol (BAS), i suoi legami con sostenitori politici e con il Nordtirolo, mettendo in luce come le prime azioni violente abbiano posto al centro della scena la questione altoatesina. Il secondo capitolo approfondisce la stagione degli attentati: dalle prime azioni e dalla manifestazione di Castel Firmiano, alla “Notte dei Fuochi” del 1961 e alla militarizzazione del territorio, fino ai dibattiti all’ONU, alla Commissione dei 19 e ai tentativi di soluzione diplomatica come il pacchetto Saragat-Kreisky. Emergono la radicalizzazione del conflitto e l’intreccio tra violenza e diplomazia, che segnarono profondamente il rapporto tra Roma, Vienna e la comunità locale. Il terzo capitolo indaga il progressivo superamento della crisi attraverso la mediazione politica e diplomatica. Episodi come la strage di Malga Sasso, l’impegno di Aldo Moro e gli accordi di Innsbruck del 1967 furono passaggi decisivi verso lo Statuto del 1972, svolta che sancì l’autonomia e gettò le basi di una nuova convivenza. Questa ricerca non intende giustificare la violenza, ma comprenderne le radici e il dolore collettivo che ha prodotto. Ha voluto dare voce a chi, troppo spesso, è stato ridotto a statistica, ricordando che la Storia non è solo fatta di grandi eventi, ma anche delle ferite silenziose delle comunità dimenticate. Parlare dell’Alto Adige in quegli anni significa guardare in faccia il lato oscuro dello Stato italiano e riconoscere che l’identità non può essere imposta dall’alto. Dietro ogni diritto acquisito vi è stato un prezzo altissimo: conservarne la memoria è un dovere civile che appartiene al presente.