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dc.contributor.authorBoasso, Gabriele
dc.date.accessioned2021-08-18T17:28:08Z
dc.date.available2021-08-18T17:28:08Z
dc.date.issued2021-03
dc.identifier.urihttps://unire.unige.it/handle/123456789/3838
dc.description.abstractIl progetto di Tesi ha lo scopo di dimostrare come un linguaggio architettonico generico impostato sulla griglia modulare sia capace di rivelare un alto grado di flessibilità al suo interno ed una grande varietà di soluzioni spaziali. L’idea progettuale nasce immaginando per la città di Genova, ed in particolare per il vuoto urbano di Ponte Parodi, un edificio talmente eccezionale da diventare una “città nella città”, un organismo architettonico capace di fornire, da solo, elementi caratteristici dello spazio urbano. Per riuscire ad arrivare a questo risultato, sono necessari alcuni passaggi analitici: dopo un primo confronto con le architetture eccezionali di Genova, la progettazione del complesso è portata ad un bivio: manifestarsi secondo una forma dialogica o una forma autarchica. L’individuazione dell’edificio a torre come elemento fondante del progetto porta alla scelta di una forma autarchica, che vive su regole autonome ed autoimposte. D’ora in poi Ponte Parodi diventa semplicemente un basamento su cui appoggiare l’edificio. Il rifiuto di ogni riferimento al contesto eleva il progetto alla dimensione di automonumento e simbolo urbano. A livello progettuale la griglia, in questo caso, è lo schema organizzativo migliore in quanto ogni operazione fatta su di essa risponde alla sua stessa logica e ai vincoli imposti dalla maglia modulare. La griglia, inoltre, presenta una dualità intrinseca per sua natura, essendo sia la massima astrazione della forma architettonica che il sistema costruttivo più diffuso, nella sua manifestazione sotto forma di telai strutturali. Per ottenere un linguaggio architettonico generico, la griglia deve essere isotropa, quindi basata su un modulo cubico, le cui dimensioni sono parametrate sulle dimensioni residenziali minime. Una volta individuata la forma planivolumetrica definitiva, rielaborazione della prima versione del Rockefeller Center, il progetto appare costituito da tre tipi edilizi, una torre e due tipi di edifici bassi. Diagrammi funzionali evidenziano come variano i modi d’uso in base alle richieste di mercato e mostrano il singolo peso degli edifici in termini di densità e occupazione residenziale. L’analisi dei singoli edifici, differenti morfologicamente, e la loro unione nel tutto, dimostra come viene raggiunta quella varietà annunciata all’inizio della Tesi, che viene infine riordinata e omogeneizzata dal linguaggio generico della facciata esterna, strettamente legata all’impostazione della griglia modulare. Otteniamo dunque un morfotipo, un’architettura riconoscibile all’interno della quale serialità e diversità di spazi convivono in armonia. Arrivati quindi al suo massimo grado di concretezza, il lavoro si conclude facendo percorrere al progetto un viaggio immaginario in diversi contesti del mondo: spogliato di ogni riferimento geografico, l’edificio, tornato alla sua forma astratta e diagrammatica, perde definitivamente ogni legame con il contesto e si carica sempre di nuovi simboli a seconda del luogo. La griglia non solo permette una grande flessibilità funzionale, ma garantisce uno spazio neutro che è in grado di accogliere qualsiasi significato.it_IT
dc.language.isoitit_IT
dc.titleL’architettura della griglia. Linguaggio generico e flessibilità funzionaleit_IT
dc.typeThesisit_IT
unire.supervisorLepratti, Christiano
unire.assistantSupervisorMagliocco, Adriano
dc.publisher.nameUniversità degli Studi di Genova


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