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dc.contributor.authorLeonardi, Mattia
dc.date.accessioned2020-08-31T10:44:42Z
dc.date.available2020-08-31T10:44:42Z
dc.date.issued2020-07
dc.identifier.urihttps://unire.unige.it/handle/123456789/3162
dc.description.abstractIl termine recupero indica la volontà di manutenere e conservare l’assetto distributivo e formale del manufatto edilizio, di mutarlo e di incrementarne le funzioni esistenti al variare delle condizioni del vivere civile, di intervenire, nei casi più gravi, sulle strutture in via di dismissione, colpite dagli effetti del degrado e dell’obsolescenza. Nell’ambito della Tecnologia dell’Architettura, l’intervento di recupero ha assunto il significato di valorizzazione del patrimonio costruito, di riqualificazione del contesto, di attualizzazione del costruito secondo i valori di mercato. Quindi particolare attenzione viene riposta nel controllo dell’efficienza delle prestazioni offerte e nella puntuale verifica dei requisiti posti in essere dalle variazioni della domanda. Quest’ultime sono sensibili ed attente alle opere di riqualificazione nel processo di sviluppo urbano e territoriale. In particolare, si lavora al riconoscimento dell’edificio esistente come sistema e, se concepito prima della rivoluzione industriale, come organismo “biologico” complesso, ricco di elementi costituivi e connotazioni costruttive che richiedono una attenta lettura diagnostica. Inoltre, il dibattito culturale riconosce alla tecnologia la capacità di integrare l’approccio conoscitivo di tipo descrittivo, basato sulla regola dell’arte, alla logica esigenziale–prestazionale, quale strumento di controllo del progetto. Sul piano della conoscenza, significativo impegno viene rivolto all’elaborazione di un modello diagnostico da condursi alle diverse scale in particolare qualora alcune trasformazioni risultino indispensabili. L’imperativo della conservazione evidenzia anche alcune difficoltà teoriche relative ai concetti di memoria e di materia e alla definizione di “vincolo” quale elemento di tutela e di legittimazione delle scelte di intervento. Le variazioni d’uso volte ad individuare nuove funzioni garantiscono la sostenibilità finanziaria ed economica della proposta, nell’ottica della compatibilità con il manufatto esistente e di attenzione al soddisfacimento della domanda. Il tempo in cui viviamo e la grande accelerazione imposta dalla modernità implicano che i processi di trasformazione siano continui. In una chiave conservativa “avvertita” il bene architettonico non può essere azzerato proprio per l’esistenza dei criteri di tutela e di vincolo che impediscono la distruzione dell’edificato esistente. Al bene viene riconosciuto il valore aggiuntivo di custodire la memoria collettiva di una città, di un territorio, ed è proprio per questo che l’intervento di progetto cerca un punto di equilibrio tra funzionalità ed espressività artistica, tra conservazione e modificazione. Per questo motivo l’intervento di progetto si è concentrato sulla realizzazione di un volume di forme contenute, a profondità variabile, “addossato” all’edificio esistente con passerelle di collegamento ai piani, teso ad alleggerire la “congestione” dell’organismo museale. Gli interventi interni sono pensati per aggiungere e non per sottrarre parti dell’architettura costruita, sono attuati con scelte minimali e limitatamente invasive sia per quanto riguarda il livello degli impianti, sia per quello delle modifiche funzionali. Il corpo scale antincendio prima inesistente, i nuovi spazi adibiti a deposito e stoccaggio di collezioni, gli impianti di scambio e di immissione in rete della energia fotovoltaica prodotta in copertura, i meccanismi di raccolta, di conservazione e di trattamento dell’acqua piovana, il nuovo impianto di raffrescamento naturale trovano idonee collocazioni nei quasi 2.000 metri quadrati di nuove superfici ricavati ai vari livelli del profilo ad ala di progetto. I materiali impiegati consentono di alleggerire il peso delle strutture e di ridurre al minimo l’incidenza delle radiazioni ultraviolette sulle collezioni. L’intervento attento alla congestione del contesto circostante e alla densità abitativa del quartiere ha modellato con nuove forme un retro che la densità edilizia ha degradato, quasi fosse uno spazio di risulta, al ruolo di distacco. Si pone dunque un problema di dialogo tra lo spazio retrostante e un manufatto caratterizzato in modo forte per il valore storico intrinseco del corpo di fabbrica e per le funzioni sociale - conoscitiva e scientifica che ha svolto nel tempo. Un attento sguardo è stato rivolto alle potenzialità inespresse e sottoutilizzate del livello copertura che presenta una superficie utile calpestabile di circa 1900 metri quadrati. Si è inteso sottolineare con un tetto giardino, quasi fosse un segnale posto sull’edificio, il contrasto con l’edificato di contorno, spoglio, e la scelta di salvaguardia totale delle piante di alto fusto esistenti nel distacco. L’attenzione in questo caso è stata posta alle capacità coibenti della copertura quale risposta alla radiazione solare estiva e alla dissipazione di calore, dall’interno verso l’esterno, propria del periodo invernale. Sistemi meccanizzati di risalita sono stati portati al piano in modo da consentirne l’impiego per gli eventi e per le presentazioni delle numerose iniziative portate avanti dalla direzione del museo. La particolare collocazione degli impianti di risalita consente inoltre di separare i livelli di allarme e di sicurezza tra spazio destinato alle collezioni, spazi distributivi e copertura, con una maggiore flessibilità d’uso. L’integrazione di vegetazione in copertura è comunque un tema complesso perché interessa parametri differenti quali il soleggiamento, la presenza di venti dominanti, la creazione di coni d’ombra da parte di altri edifici, la corretta esposizione e umidificazione del terreno. Questi parametri possono influire sul portamento (aspetto della massa vegetale dato dall’organizzazione spaziale di fusto e di rami), sulle dimensioni, sulla velocità di accrescimento, sulla longevità, sul ciclo vegetativo. Sono fattori connessi anche alla maggiore o minore capacità di purificare l’aria, a rendere piacevole l’affaccio sulla copertura del museo, a consentire una più gradevole esperienza a visitatori e invitati; altri come le peculiarità cromatiche della corteccia e della massa fogliare, la forma che assumono nel tempo i cespugli e gli arbusti riguardano prettamente i tratti ornamentali della specie e le caratteristiche estetico formali che si intendono ottenere. Nel caso di progetto un aspetto particolare riguarda la possibilità di adattare i diversi sistemi previsti alla preesistenza di cui si devono attentamente valutare i materiali e i sistemi costruttivi. Particolare attenzione va posta alle stratificazioni e alla profondità di vasche e di aiuole in relazione al peso che va a gravare la struttura resistente. Sempre in esterno il recupero delle aiuole, oggi in stato di abbandono, il loro ridisegno e il mantenimento delle piante ad alto fusto presenti fanno parte di una strategia globale che, per la stretta relazione con l’edificio museale, può assumere funzioni di tipo climatico-ambientale. Può fornire una parziale ombreggiatura nella stagione estiva, può assicurare una parziale trasmissione della radiazione solare e intervenire sugli effetti del vento nel periodo invernale, può agire sulle condizioni microclimatiche del distacco esterno e svolgere un’azione di un certo rilievo anche su quelle degli spazi interni.it_IT
dc.language.isoitit_IT
dc.titleProgettazione dell'assetto funzionale del Museo di Storia Naturale "Giacomo Doria"it_IT
dc.typeThesisit_IT
unire.supervisorGiachetta, Andrea
unire.supervisorRava, Giovanni Paolo
dc.publisher.nameUniversità degli Studi di Genova


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