Show simple item record

dc.contributor.authorSostegni, Mirko
dc.date.accessioned2019-12-02T10:05:44Z
dc.date.available2019-12-02T10:05:44Z
dc.date.issued2019-10
dc.identifier.urihttps://unire.unige.it/handle/123456789/2616
dc.description.abstractDal periodo del boom economico si inizia a fare un maggior uso della comunicazione visiva a tal punto che ottiene un ruolo fondamentale nella vita di ogni persona. Basta incamminarsi per le diverse strade cittadine e siamo circondati da immagini pubblicitarie e segni grafici che ci permettono di orientarci al loro interno, riuscendo così a cogliere la loro essenza. Questi segni a loro volta hanno avuto un’evoluzione esponenziale sia nel loro utilizzo che nel proprio valore comunicativo. Etimologicamente la parola segno deriva dal latino sognum “segno visibile o sensibile di qualche cosa. Qualsiasi fatto, manifestazione, fenomeno da cui si possono trarre indizi, deduzioni, conoscenze.” Come viene qui riportato dalla Treccani, è interessante l’utilizzo di “trarre indizi”, proprio perché non sempre ciò che si manifesta ha un significato univoco per tutti, ma può aprire a interpretazioni che variano da persona a persona, creando di continuo immagini e percezioni nuove nella mente umana. La maggior parte delle volte, quasi sempre, l’obbiettivo della comunicazione visiva (che si tratti di grafica per il prodotto, di un servizio per l’utente o in questo caso su scala urbana) è di semplificare una realtà concreta costituita da storie, tradizioni, culture e ben altro. Ma questo atto semplificativo non sempre avviene in modo efficiente o perlomeno non risulta essere così intuitivo come può invece sembrare. Questo perché la comunicazione visiva è costituita da molteplici fattori da dover tenere in considerazione: le icone come già citato, i loghi che oramai accompagnano ogni tipologia di attività, i colori che catturano in primis l’attenzione del nostro occhio risultando sgradevoli in alcuni casi e piacevoli in altri e la tipografia, spesso sottovalutata ma con un ruolo che complementa tutta la comunicazione. Questi artefici possono essere utilizzati in modo coordinato tra loro o gestiti autonomamente gli uni dagli altri. Entrando in merito alla comunicazione a servizio della città, si va a raccontare un’esistenza attraverso immagini a bassa figuratività, sintesi di forme, dimensioni, vocazioni, valori. Con questo atto pratico, una realtà che risulta essere complessa, viene semplificata in modo tale da essere compresa da tutti senza equivoci di lettura ed è proprio da questi elementi semplificati che si vengono a creare di conseguenza una completa comunicazione visiva, originale e che possa essere memorabile. Dove vi è un vantaggio, spesso si può ricadere in un aspetto svantaggioso. Infatti l’uso costante di segni per raccontare la città rischia di creare identità uguali e omogenee tra loro, senza conferire il giusto valore che tale città potrebbe dimostrare. Su un altro versante, quello artistico è costituito da numerose forme espressive, la in cui la città viene rappresentata ricorrendo a linguaggi che operano sul piano della sintesi concettuale. Altrettanti modi di raccontare e rappresentare la città avvengono tramite la fotografia, la pittura, il cinema, la musica e non solo. Vi sono appunto differenti metodi di rappresentazione, ma in questo momento ci si soffermerà sulla prima citata. Soprattutto nell’ambito architettonico e urbanistico, la fotografia si è imposta come un importante strumento di documentazione e analisi della città, intesa sia nella sua morfologia architettonica quanto nella sua composizione sociale, nell’uso degli spazi urbani, nell’integrazione di diversi contesti. L’uomo contemporaneo è investito da un flusso costante di immagini, ma nonostante l’iper-esposizione, o forse proprio a causa di questa, l’analisi critica di una fotografia è ancora una questione problematica, che troppo spesso viene data per scontata e di conseguenza sottovalutata. Vi sono numerosi fotografi che hanno lasciato una loro impronta nel panorama fotografico. Hanno avuto e molti hanno tuttora una loro visione di città che hanno così trasmesso nei loro scatti e ciò che li accomuna è la volontà di raccontare la vita e l’anima delle città. È proprio per questo che il mondo della fotografia urbana è assai ampio e sconfinato e in continuo mutamento. Essendo questo un progetto di tesi, si vuole coniugare le due visioni, quello artistico e quello progettuale, come afferma il titolo stesso. Esso intende riflettere sulle tematiche sopra esposte e proporre, attraverso un progetto più ampio di comunicazione visiva urbana, un’ipotesi di integrazione tra segni e processi propri della grafica come oggi intesa e immagini derivate da visioni rappresentative “libere”. Prima di giungere alla fase progettuale vera e propria, sono state affrontate una serie di ricerche in senso più generale di città e successivamente ricerche sulla sua rappresentazione, come per la fotografia in Italia, del cinema italiano e alcuni casi di citybranding a livello europeo. Da queste ricerche sono emerse delle considerazioni che appunto hanno permesso di intraprendere un determinato percorso progettuale. Nello specifico è stata scelta la città di Genova, che come verrà poi approfondita nello scorrere delle pagine, si presenta particolarmente eterogenea e che la rendono una città multidimensionale e complessa allo stesso tempo. Ha una storia molto affascinante, ricca di avvenimenti che ha coinvolto, influenzato e reso unico il suo popolo. La sfida di questo progetto è proprio di riuscire a raccontare Genova non nella sua interezza, perché si andrebbe contro con quanto detto, ma di cogliere dei singoli spazi e conferire ad essi un’identità propria, che vadano successivamente a creare una “rete d’identità” con le altre località genovesi. Si vuole scoprire e proporre l’identità delle varie zone genovesi tramite segni grafici che rappresentino il suo aspetto più personale, più “intimo” e meno noto e comune. In base a ciò, la scelta ricade di lavorare su elementi ben precisi, segni che si tramutano in pittogrammi, la tipografia associata a una scelta linguistica ben precisa e alla fotografia. Nel primo caso si vuole far riconoscere il luogo scelto attraverso una serie di segni che possano far emergere lo spirito del luogo stesso, in modo più intimo e nobile come lo è il territorio stesso. La scelta tipografica, anch’essa assai interessante, verterà sull’utilizzo di una font adatta a ciò che si sta comunicando e di adoperare il dialetto genovese, lingua neolatina, che si è arricchita di numerosissime parole provenienti da lingue quali greco, arabo, spagnolo, francese, inglese e ben altre. Essa è stata censita dall’UNESCO nell’Atlante mondiale delle lingue in pericolo tra le lingue meritevoli di tutela. Questa scelta è voluta poiché si vuole enfatizzare il senso di appartenenza al territorio, avvicinare sia i cittadini genovesi che i turisti allo spirito di Genova. Il progetto si arricchisce con un racconto fotografico che verte nel cogliere spazi e situazioni influenzati dalla variabile temporale, ossia la luce che incide sul luogo. Le luci e le ombre sono elementi che si presentano naturalmente, ne siamo a contatto quotidianamente ma spesso non ne cogliamo visivamente il loro reale valore visivo. Infine vi sarà una chiave di lettura apposita che permetterà di interpretare liberamente ciò che si sta osservando tramutando il tutto in grafiche “defigurative” astratte.it_IT
dc.language.isoitit_IT
dc.titleIncroci di culture visive per comunicare la città. Genova tra grafica, fotografia ed elaborazioni defigurativeit_IT
dc.typeThesisit_IT
unire.supervisorBistagnino, Enrica


Files in this item

This item appears in the following Collection(s)

Show simple item record