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dc.contributor.authorGrillone, Camilla
dc.date.accessioned2019-07-02T07:40:30Z
dc.date.available2019-07-02T07:40:30Z
dc.date.issued2019-03
dc.identifier.urihttps://unire.unige.it/handle/123456789/2547
dc.description.abstractL’urbanistica si propone come disciplina in grado di donare rigore e perfezione al corpo urbano, ma nel tempo i suoi prodotti si sono rivelati troppo spesso freddi e sterili. La distanza del progettista dall’abitante ha determinato conseguenze a sfavore della complessità sociale urbana, proponendone una semplificazione e generalizzazione. Si è creata così una separazione tra i saperi tecnici dei professionisti e molti dei saperi esperti, quelli che si coltivano nella stessa esperienza dell’abitare, e questi ultimi spesso si sono persi a causa dell’alienazione dell’abitante che non ha più possibilità di modificare l’ambiente che lo circonda. Cos’è la città se non le persone? La domanda chiave di lettura della tesi [tratta dalla tragedia Coriolanus di Shakespeare, 1607 circa, atto III, scena I], richiama la produzione di città legata alle pratiche di vita quotidiana, ponendosi l’obiettivo di provare a capire in che modo può essere avviato un riavvicinamento tra i progetti urbani ed i bisogni reali dei cittadini, come i primi possono ricominciare davvero a rispondere maggiormente ai secondi, stimolando un spirito di comunità. Sono i processi reali di trasformazione dall’ambiente urbano da parte dei suoi abitanti che definiscono la particolarità di un luogo ed è compito del progettista osservare e ascoltare questa ricchezza vitale che la città propone, immergendosi al suo interno, per contribuire a potenziarla o per sostenerla dove si è in parte spenta e lavorare sulla sua rigenerazione. Vengono qui mostrate alcune esperienze in cui i progetti si sono messi in dialogo con il vissuto locale e che l’hanno stimolato a riconoscersi: si tratta di progetti effimeri, sperimentazioni libere, piccole rivoluzioni operate in ambito europeo. L’ambiente urbano dovrebbe incoraggiare le persone a esprimere loro stessi, a implicarsi, a decidere cosa vogliono e agire: diventano maggiormente rilevanti argomenti come la cura e la responsabilità cittadina, il bisogno di una cultura delle differenze e la comunità. È importante vivere l’urbano come luogo di comunità diverse ma che dialogano, che rifiutano l’omogeneità, comunità partecipi e responsabili dei cambiamenti che le circondano, comunità come antidoti all’indifferenza. Questi progetti effimeri, aperti e indeterminati, diventano strumento critico di lettura della città che permettono di sperimentare e di offrire più opportunità e libertà d’azione, per venire incontro alle diversità che stanno crescendo all’interno dell’ambiente urbano, ma anche per stimolare a ricreare un rapporto tra abitante e luoghi.it_IT
dc.language.isoitit_IT
dc.titleWhat is the city but the people?it_IT
dc.typeThesisit_IT
unire.supervisorCorradi, Massimo


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