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dc.contributor.authorOttonello, Sandro
dc.date.accessioned2019-05-06T10:43:41Z
dc.date.available2019-05-06T10:43:41Z
dc.date.issued2019-03
dc.identifier.urihttps://unire.unige.it/handle/123456789/2503
dc.description.abstractDurante gli anni della Rivoluzione Industriale gli impianti produttivi si concentrarono ai margini della città come ampiamente documentato da saggi, scritti, incisioni, fotografie, dipinti; tra le motivazioni principali vi è la scelta di usufruire dei servizi e delle linee infrastrutturali di grande percorrenza che agevolavano il trasporto delle materie prime. In seguito alla Seconda Guerra Mondiale, anche in relazione alle massicce opere di ricostruzione che hanno interessato tutta l’Europa, le città iniziarono a crescere a macchia d’olio1 ed a modificare il tessuto urbano esistente ed inglobare gli edifici industriali che diventarono parte organica del sistema urbano. Questo processo determinò il fenomeno dell’inurbanizzazione che aumentò con esiti drammatici il peso insediativo esistente. In tal modo la città, attirando in massa la popolazione dalle campagne o dai centri minori, iniziò a crescere a dismisura, diventando una vera e propria città industriale. Si sviluppò così un processo di rapida urbanizzazione e sovraffollamento, che spesso obbligò i centri urbani a svilupparsi anche in altezza. La difficile convivenza delle strutture industriali con la maglia residenziale e sociale ha portato nel giro di poco tempo a un progressivo e obbligato allontanamento delle fabbriche dalla città. Nel periodo del Secondo Dopoguerra è avvenuto infatti un processo inverso: le nuove necessità (di spazio e di igiene) delle industrie, il contemporaneo sviluppo delle infrastrutture (nuove autostrade e ferrovie) che hanno permesso spostamenti sempre più semplici e accessibili, sia per il trasporto del materiale che delle persone, e la nascita delle telecomunicazioni sono fenomeni che hanno avviato un progressivo processo di decentramento delle industrie dalle città verso spazi più periferici sottratti in buona parte alla campagna. Questa de-industrializzazione dei centri urbani, diviene prioritaria quale processo di cambiamento economico e sociale diffuso, tale da interessare progressivamente un dato territorio e comportare una riduzione del peso delle produzioni industriali, a favore della crescita del settore terziario. Uno degli obiettivi, forse quello prioritario è generare un’immagine più sofisticata della città e ridurre il tasso di inquinamento a vantaggio di una complessiva rivalutazione delle rendite immobiliari. A tal proposito si parla anche di sub-urbanizzazione: un fenomeno che prevede la nascita, in concomitanza con il decentramento delle industrie, di quartieri residenziali in periferia dedicati ai lavoratori, adiacenti alle zone industriali. Tuttavia negli anni ’70 e ’80 il termine de-industrializzazione acquisisce accezioni negative, spesso associato alla parola “declino”. Solamente in anni più recenti si è iniziato ad utilizzarlo come corrispondente al termine “delocalizzazione” con riferimento ad un’azione necessaria tale da generare un’idea di futuro proficuo e sostenibile. Questo processo ha comportato, quindi, la dismissione di molte aree industriali, provocando così lacune, aree depresse quando non vere e proprie fratture all’interno del tessuto urbano. La città di Parigi, come tutte le grandi città europee, ha subito in questi anni importanti cambiamenti conseguenti alle trasformazioni economiche ed industriali che, nel Dopoguerra, hanno coinvolto in misura differente le realtà urbane del vecchio continente. Durante gli anni ’70, nella capitale francese, a seguito di un’urbanistica disordinata e grossolana che ha occupato vaste aree della città con la costruzione intensiva di nuovi edifici2, si è ritenuto necessario invertire la rotta e intervenire sulle molte aree industriali dismesse. Vasti spazi ormai improduttivi e mal utilizzati, presenti specialmente nel cuore della città, sono stati trasformati in nuovi spazi a destinazione pubblica e residenziale. Questa politica intendeva cercare di rispondere al concetto di ‘’città epurata dalle industrie’’3 che, nel decennio precedente, sono state allontanate dal perimetro urbano, anche in relazione alle nuove più complesse dinamiche che regolavano la produzione, l’habitat, la salute del cittadino intesa come risorsa sociale lasciando diversi vuoti urbani nel centro cittadino. Dal 1969 sono nate a Parigi le Z.A.C. (Zones d’Amenagement Concertè) quali strumenti urbanistici messi a punto per potenziare il recupero delle aree dismesse. Insieme ad altri strumenti normativi la municipalità cercava di trovare una risposta organica al problema e si prefiggeva di regolamentare, semplificare e velocizzare gli interventi di recupero. Grazie anche a queste iniziative, da quel periodo in poi, sono innumerevoli gli interventi condotti sui vuoti urbani e sugli edifici in stato di abbandono. Non si agisce soltanto sugli spazi industriali in disuso, ma tali operazioni coinvolgono anche infrastrutture e servizi in genere legati all’attività produttiva, quali magazzini, gasometri, ferrovie e stazioni. Parigi, così come Londra e come altre metropoli europee, ha concepito una visione di avanguardia in questo senso, anche se questo movimento centripeto ha generato di riflesso problemi a volte drammatici nelle periferie; operazioni come la riconversione della Gare d’Orsay nell’attuale museo d’arte (progetto di ACTarchitecture; progetto degli interni di Gae Aulenti, 1985), hanno lasciato un segno nell’immaginario collettivo del mondo in particolare se lo si confronta con la demolizione della Pennsylvania Station uno delle più importanti costruzioni in acciaio e vetro di un secolo ormai finito, o al Pavillion de l’Arsenal che dalla fine del 1800 ha ospitato diverse attività private (magazzino, laboratorio, archivio) ed è stato convertito in museo dell’architettura e dell’urbanistica dal 1988 (progetto di B. Reichen e P. Robert). Si possono citare anche alcuni interventi di recupero di intere porzioni di città, un tempo adibite ad attività industriale, ad esempio i 32 ettari delle ex-industrie Citroen che sono stati acquistati dal comune di Parigi nel 1970 dopo che il costruttore di automobili aveva gradualmente trasferito l’attività industriale altrove liberando l’area urbana4. Dopo un concorso internazionale bandito nel 1985 (Z.A.C. Citroen-Cèvennes) la straordinaria superficie di terreno occupata da capannoni, aree ed edifici di servizio ha visto la realizzazione di un grande parco, che ospita alloggi, uffici, negozi e attività di vario genere. Queste grandi trasformazioni hanno acceso il delicato dibattito sul tema del trattamento degli edifici dismessi: restauro, recupero o demolizione? La stessa Gare D’Orsay doveva essere distrutta: la Commissione Superiore dei Monumenti Storici ne aveva approvato la demolizione (1970), salvo poi decidere per la sua sopravvivenza pronunciandosi a favore dell’inclusione della stazione nell’inventario dei monumenti storici e ivi censita a partire dal 19785. Un’operazione che ha causato per oltre un ventennio innumerevoli dibattiti e grandi campagne di protesta è stata lo spostamento de Les Halles (1969) dal centro di Parigi a Rungis. Questo intervento definito dai giornalisti dell’epoca “Le plus grand dèmènegement du siècle”6 che ha implicato la successiva demolizione (1973) delle Halles Generales, pittoreschi edifici dei mercati centrali in ferro progettati dall’architetto V. Baltard fra il 1852 e il 1865, è stato concepito per ospitare la fermata della RER e il nuovo, gigantesco Forum des Halles: centro commerciale e spazio pubblico (Progetto: C. Vasconi, G. Pencreac’h, 1979). Negli anni precedenti alla realizzazione del Forum, dopo numerose proteste, il Sindacato degli Architetti aveva lanciato una consultazione per sviluppare un contro-progetto; tuttavia, nonostante le numerose adesioni, le contro-proposte non sono state prese in considerazione ed è iniziata la realizzazione del progetto7 ancora oggi esistente a tutt’oggi criticato. Quest’opera per lungo tempo è stata indicata come peculiare per le problematiche riguardanti la salvaguardia del patrimonio edilizio, industriale e non; in particolare la decisione, discutibile, della demolizione ha portato alla frattura del tessuto urbano denso e connesso dell’antico I arrondissement di Parigi, e ha lasciato per dieci anni un vuoto di notevoli dimensioni che i parigini avevano definito con malinconica ironia “le trou des Halles”, il buco delle Halles. Ad opera realizzata il discusso progetto realizzato per opera di Vasconi e Pencreac’h ha accentuato ancor più l’acceso dibattito di valore e sul confronto della nuova architettura se confrontata con i volumi e le forme dell’opera originaria di Baltard. Nel 2016 è stato ultimato il rinnovo del Forum, la Canopèe, 75000 m2 (progetto di Patrick Berger e Jacques Anziutti), integrato con una nuova copertura semiaperta in acciaio e vetro che ha visto rinnovare gli spazi interni per oltre il 70%. Le operazioni di recupero di aree dismesse sono state intensificate nel XXI secolo e i temi di recupero e riuso continuano ad essere attuali e sempre molto dibattuti e trattati sul piano teorico e su quello progettuale con discussione di aspetti che vanno dalle forme generali al dettaglio costruttivo. Negli ultimi anni, la Municipalità di Parigi ha promosso una serie di iniziative e di concorsi che prendono in esame sia aree di vasta scala sia singoli lotti inseriti nel tessuto urbano. La finalità è sempre quella di cercare di ridisegnare le zone più depresse del tessuto urbano della capitale attraverso interventi puntuali pensati in varie scale. L’intento non è quello di occupare nuovi spazi con edifici anonimi, bensì di agire su aree dismesse ormai abbandonate, sovente prive di una propria identità, nel tentativo di riqualificarle con nuove architetture, o con demolizioni che sottraggano volumi per acquisire spazi verdi, pubblici capaci di offrire nuovi servizi alla cittadinanza. In una parola si tende a far sì che la città contemporanea si riappropri di un nuovo tessuto e rimargini le lacune esistenti. I principali concorsi di riqualificazione promossi sono: Rèinventer Paris, Faire Paris, Rèinventer la Seine, Rèinventer la Metropole.it_IT
dc.language.isoitit_IT
dc.titleRéinventer Paris. Progetto di recupero di una ex Usine de Pompage de l'eau de la Seineit_IT
dc.typeThesisit_IT
unire.supervisorRava, Giovanni Paolo


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