Donne di genio e ai margini in 'The Queen’s Gambit': una narrazione (non poi tanto) femminista
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Autore
Medica, Eleonora <1993>
Data
2024-12-10Disponibile dal
2024-12-12Abstract
Oggetto del presente elaborato è l’analisi della rappresentazione del femminile nella miniserie Netflix The Queen’s Gambit, show lodato per aver portato sul piccolo schermo una protagonista magnetica e progressista, incoronata dalla stampa “icona femminista”. A questo proposito, si decide di andare controcorrente, rilevando come, nonostante i molti meriti, The Queen’s Gambit non riesca ancora a proporre una narrazione che possa dirsi compiutamente femminista. L’indagine mette in luce significativi passi falsi della fiction, giustapponendo le storie e lo sviluppo di due personaggi simbolo della stessa: Beth Harmon e Jolene DeWitt. Harmon, la prodigiosa scacchista protagonista, naviga, trionfando, un mondo dominato da uomini. Tuttavia, nell’atto, diventa sempre meno donna e sempre più rielaborazione solo accidentalmente femminile di un tropo maschile; fatto che rende evidenti i limiti di uno sguardo di parte nella rappresentazione del genio, quando a sfoggiarlo è una donna. DeWitt, l’amica e compagna di orfanotrofio, ha un destino anche peggiore: viene relegata alla periferia della storia narrata. Il personaggio è, infatti, oggetto di un appiattimento sistematico, cui contribuisce l’assimilazione allo stereotipo del Magical Negro – quasi un invito (raccolto) a problematizzare la sua raffigurazione di “donna ai margini”. Nel portare avanti l’analisi, si affrontano temi quali adattamento, sguardo maschile, utilizzo di tropi e intersezionalità. Si dedica poi uno spazio a profilmico e filmico, rintracciandovi i segni dell’evoluzione psicologica dei personaggi e dando risalto alle specificità del mezzo visivo. In conclusione, l’analisi evidenzia i limiti della miniserie nella rappresentazione delle donne, dubitando che possa davvero essere considerata un’opera femminista. Il tentativo di affrontare le questioni di genere attraverso un’affascinante “regina degli scacchi” è segnato da numerose opportunità mancate. This paper analyzes the representation of women in the Netflix miniseries The Queen’s Gambit, a show widely praised for introducing a magnetic and progressive protagonist, often hailed by the press as a “feminist icon”. However, this analysis challenges that claim by arguing that, despite its strengths, The Queen’s Gambit falls short of delivering a genuinely feminist narrative. The study highlights significant shortcomings by examining the stories and development of two key characters: Beth Harmon and Jolene DeWitt. Harmon, the protagonist and a prodigious chess player, navigates and triumphs in a male-dominated world. Yet, in doing so, she increasingly embodies reimagined male tropes, with her femininity reduced to a mere coincidence. This underscores the limitations of a biased perspective in portraying genius when the figure of brilliance is a woman. Meanwhile, DeWitt, Beth’s friend and fellow orphanage resident, faces an even more troubling fate: she is relegated to the story’s margins. Jolene is consistently diminished, fitting into the stereotype of the Magical Negro, a problematic trope that further marginalizes her (and therefore is addressed). The analysis explores themes such as adaptation, the male gaze, the use of tropes, and intersectionality. Additionally, attention is given to profilmic and filmic elements, seeking to uncover traces of the characters’ psychological development and to emphasize the distinctiveness of the visual medium. Ultimately, the paper concludes that the miniseries fails to offer a truly feminist portrayal of its female characters. While The Queen’s Gambit aims to address gender issues through its captivating “chess queen”, it is marred by numerous missed opportunities.
Tipo
info:eu-repo/semantics/masterThesisCollezioni
- Laurea Magistrale [4954]